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AUTONOMIA DIFFERENZIATA

Di che si tratta?

Non è altro che l’attribuzione alle regioni a statuto ordinario di autonomia legislativa sulle materie di competenza concorrente ed in tre casi di competenza esclusiva dello Stato e soprattutto di trattenere il gettito fiscale. Tutto ciò deriva dall’art. 116 terzo comma della Costituzione fino ad ora mai attuato.

Articolo 116

Il Friuli Venezia Giulia [cfr. X], la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.

La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pacen) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.

Art. 10. Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3

  1. Sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.

La proposta Calderoli

Oltre ai dubbi insorti all’interno della stessa maggioranza e della premier Giorgia Meloni per la sua vocazione nazionalista, questa proposta ha ricevuto critiche da sociologi ed economisti per tutti gli effetti sociali altamente negativi che potrebbero aumentare le diseguaglianze se non addirittura spaccare nettamente in due il Paese: “Una secessione social-economica”

 

Prima critica: Livelli essenziali di prestazione

Il disegno di legge da al Governo un anno di tempo per decidere i LEP dando la possibilità alle regioni di formulare un’intesa il che significa distribuire i finanziamenti in base alla spesa storica nell’ambito in cui si chiede la propria autonomia. Questo chiaramente assicura più finanziamenti alle regioni che hanno una spesa storica più alta e indipendentemente dalle esigenze dei LEP che per correttezza sarebbero da stabilire prima.

 

Seconda critica: la scuola

Proprio la mancata definizione dei LEP da oltre vent’anni ha fatto si che ci siano dei grossi divari di servizi nel nostro paese e questo progetto di autonomia differenziata non farebbe altro che enfatizzare tali differenze nel sistema scolastico portandolo ad avere programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriali e funzionamenti differenziati. Se a questo si aggiunge l’intenzione del Ministro Valditara di aumentare gli stipendi agli insegnanti che lavorano dove il costo della vita è più alto si può benissimo capire che le diseguaglianze per i docenti che lavorano in territori più difficili non faranno altro che aumentare.

 

Terza critica: l’accordo Stato-Regione

Non si specifica la modalità con cui devono essere attivate le varie richieste di autonomia. Il Governo elabora questa intesa inviandola alla Regione per l’approvazione. In seguito promulgherà un atto legislativo sul quale deputati e senatori non avrebbero possibilità di proporre modifiche.

Uno dei principi fondamentali della Costituzione è la centralità del parlamento che non può in nessun caso essere ridotto a organo passivo delle decisioni di altri organi.

 

Quarta critica: il residuo fiscale

il Disegno di legge fa propria la rivendicazione regionale «del residuo fiscale», per cui le regioni, i cui cittadini pagano in tasse più di quanto ricevono in spesa pubblica, avrebbero il diritto di trattenere almeno parte delle risorse versate al fisco.

Nel nostro ordinamento giuridico a pagare le tasse sono le persone, non le regioni, e lo fanno sulla base dell’ammontare del loro reddito, non del luogo di residenza; una norma così concepita viola irrimediabilmente gli artt. 2 e 53 Cost., i quali stabiliscono che la solidarietà economica e tributaria deve operare a livello nazionale, non regionale.

 

Quinta critica: la costituzionalità

Se è vero che è proprio la Costituzione al terzo comma dell’art. 116 (scellerata riforma costituzionale di cui la sinistra si deve assumere la responsabilità) a promuovere le autonomie locali consentendo l’autonomia differenziata non bisogna dimenticare che tra i principi fondamentali all’art. 5 della stessa il tema base è “La Repubblica, una e indivisibile……”. Dell’unicità e indivisibilità della Repubblica se ne discusse ampiamente nell’Assemblea Costituente tanto che si propose che la suddetta espressione apparisse addirittura nell’articolo 1 insieme al fondamento sul lavoro.

Pensiamo all’Istruzione pubblica altamente frammentata e la divisione tra i cittadini. Che cosa succederebbe ai ragazzi che si trasferiscono da una regione all’altra costretti a cambiare i propri programmi di studio e tutto questo sempre in contrasto con l’art. 33 della Costituzione “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”.

Ritornando ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP) la Costituzione, all’art. 117 né attribuisce la determinazione, per tutti i diritti sociali e civili, «alla competenza legislativa dello Stato», mentre la recente legge di bilancio prevede una procedura accelerata che si conclude con un DPCM e quindi atti governativi e non legge statale.

 

Sesta critica: l’insularità della Sardegna

Quanto detto prima sulla predeterminazione dei LEP per evitare che ci si basi sui costi standard è fondamentale per iniziare a riempire di contenuti il principio dell’insularità inserito in Costituzione con la riforma del 2022.

Tuttavia occorre ricordare che il superamento del principio dei costi standard era già in vigore con la legge delega 42/09.

Nell’articolo 22 (Perequazione infrastrutturale) e precisamente al comma 1 bis si dice esattamente

“……. sono stabiliti i criteri di priorità e le azioni da perseguire per il recupero del divario infrastrutturale e di sviluppo risultante dalla  ricognizione predetta, avuto riguardo alle  carenze  infrastrutturali,  anche  con riferimento agli aspetti prestazionali e qualitativi, sussistenti  in ciascun  territorio,  con  particolare  attenzione  alle   aree   che risentono di maggiori criticità  nei  collegamenti  infrastrutturali con le reti su gomma e su ferro  di  carattere  e  valenza  nazionale della   dotazione    infrastrutturale    di    ciascun    territorio, all’estensione  delle  superfici  territoriali  e  alla  specificità insulare e delle zone di montagna e delle aree interne,  nonché’  dei territori del Mezzogiorno…….”

Nell’articolo 27 (Coordinamento della finanza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome) al comma 2 si dice esattamente

“Le norme di attuazione di cui al comma 1 tengono conto della dimensione della finanza delle predette regioni e province autonome rispetto alla finanza pubblica complessiva, delle funzioni da esse effettivamente esercitate   e   dei   relativi   oneri,  anche   in considerazione degli svantaggi strutturali permanenti, ove ricorrano, dei costi dell’insularità…………”

La Regione deve quindi ripartire dalla convocazione dei tavoli tecnici e del comitato paritetico per definire finalmente le norme di attuazione dello Statuto appropriate allo scopo come stabilito dalla legge 42 del 2009.

Sono passati 13 anni dalla legge delega 42/09 alla riforma costituzionale che ha introdotto il principio d’insularità in Costituzione. Se è vero che dobbiamo riempire di contenuti questo principio costituzionale iniziamo a farlo attuando una legge entrata in vigore molti anni prima.

Conclusioni

Capiamo il tentativo del Ministro Calderoli di recuperare terreno elettorale al Nord ma non possiamo certamente scambiare due principi costituzionali come autonomia speciale e principio d’insularità con l’autonomia differenziata. Parafrasando un antico Carosello “Dixan”: già non si accettavano due fustini in cambio di uno figuriamoci uno in cambio di due.

 

  

 

Articolo 117

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato [70 e segg.] e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull’istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;
s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive [3].

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.

 

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