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Il perché dell’impegno civico.

Santu Lussurgiu, 22 luglio 2023

Riflessioni di un quasi cinquantenne sulle motivazioni e sulle radici dell’impegno politico.
Come molti di Voi appartengo a quella generazione che, nata analogica, morirà vivendo
un’era digitale che ancora non conosciamo né possiamo immaginare.
E saremo l’ultima generazione di questo tipo.
Abbiamo una responsabilità anche per questo.
Perché non tutto quello che era analogico era male, né brutto o da buttare via.
Anzi.
Sono nato, cresciuto ed ho vissuto in una famiglia che praticava la parità in maniera
naturale e spontanea, fisiologicamente mamma e babbo lavoravano entrambi e tutti e
quattro, sia loro che io che mio fratello, contribuivano alla gestione della casa e alle
attività che la famiglia richiedeva.
E la famiglia non era il nucleo ristretto. Era la famiglia di un tempo, dove erano famiglia
anche le zie ed i cugini acquisiti oltre quelli naturali, così come i padrini e le madrine e le
loro famiglie.
Cioè io, mio fratello e mio babbo lavavamo, stendevamo, cucinavamo e pulivamo casa e
aiutavamo in questo senso anche il nostro prossimo laddove servisse.
Esattamente come faceva mamma, che a sua volta ha lavorato tutta la vita.
Siamo cresciuti in un ambiente familiare e di vicinato dove era importante giocare insieme
e controllarci reciprocamente, dove si frequentava l'oratorio e si andava a messa, dove era
importante non sprecare l'acqua (anche perché quando eravamo piccoli era pochissima),
dove era importante studiare e non tanto per fare avanzamenti nella scala sociale quanto
piuttosto perché volevano un miglioramento delle competenze rispetto alle loro.
Delle volte si doveva studiare perché si doveva studiare senza un perché preciso.
Molte volte i più fortunati studiavano perché c'era un obiettivo, perché si era già intravisto
un talento, perché si era già vista una competenza.
Mio babbo è di Luogosanto, mia mamma di Guspini. Ma sono nato e cresciuto a Cagliari.
Lui era prima sardista propriamente detto poi socialista, non ha tollerato lo snaturamento.
Lei figlia delle miniere da comunista si è adagiata sulla democrazia cristiana.
Sono cresciuto a pane e Gramsci, cattolico praticante ed ho un padre spirituale gesuita.
La stragrande maggioranza dei miei amici e conoscenti è figlia dei territori come me.
E come me ha scelto di lavorare, fare impresa e professione nei territori.
Siamo tutti figli dei territori, siamo fatti della stessa materia di questa meravigliosa terra
millenaria.
Lo stesso quadro che ho dipinto per me, che ho visto la televisione in bianco e nero con tre
tasti e che oggi produco motori di intelligenza artificiale, è ugualmente applicabile a tutti i
miei amici, che siano delle zone interne così come delle altre zone costiere.
Siamo una generazione che ha avuto tanto.
Ci svegliamo e guardiamo il mondo coi nostri occhi, camminiamo sulle nostre gambe,
mangiamo e beviamo quello che vogliamo, ci laviamo con acqua corrente e sapone.
siamo una minoranza sociale del mondo.

Chi più ha avuto, per fortuna o per meriti – nella stragrande maggioranza per meriti – deve
restituire. Ci siamo messi insieme come Sardegna 2050 per give back, per restituire, perché
chi più aveva avuto, più deve restituire al territorio.
E così abbiamo fatto.
E così dobbiamo fare adesso.
Nella stragrande maggioranza dei casi vediamo che l'individualismo sta finendo di spaccare
la società del consumismo, sta finendo di esaurire le poche risorse che son rimaste.
C'è gente che continua a pensare che l'ambiente sia infinito, che vada bene una macchina
amministrativa che non funziona, che non ci sia margine per vedere lavori pubblici chiusi in
tempi ragionevoli, che non ci sia margine per vedere l'emorragia dei giovani e di
competenze, che non ci sia margine per fermare la brutalità politica ed amministrativa che
stiamo vivendo in questo periodo.
E’ per questo che la nostra associazione, insieme ad altre associazioni del Gruppo di
Coordinamento, insieme alle altre che non abbiamo ancora incontrato, si stanno
impegnando, si sono impegnate e continuano ad impegnarsi e continueranno ad
impegnarsi perché solo chi è libero, solo chi ha forza, solo chi ha competenze può aiutare
chi non è stato altrettanto fortunato.
Ed è per questo che bisogna impegnarsi in politica.
Perché si deve portare avanti un percorso di cambiamento continuo.
Non ci si deve abituare al brutto né al male né allo scorretto né al peculato né alla
mazzetta né alla corruzione né all'immobilismo.
Non si può. Non si deve.
Lo dobbiamo perché sono figlio, fratello, marito, padre, padrino e amico.
Sono e devo essere presente, con forza, con lucidità, con energia, con tutto quello che so e
con tutto quello che posso ancora fare per poter avere un isola diversa, per poter avere un
contesto diverso.
L'ambiente non è un santuario da proteggere e basta.
Con l'ambiente ci si mangia. La nostra storia dovrebbe averci insegnato.
L'energia non è un tabù, possiamo produrla.
Possiamo produrre tutto.
Dobbiamo solo, in maniera intelligente, smetterla di farci colonizzare.
Quando eravamo piccoli ci insegnavano che l'autonomia e l'indipendenza erano una cosa
essenziale, per poi recarci nel mondo in cui saremmo stati grandi.
Vero.
Invece se guardiamo alla Sardegna, Autonomia ed Indipendenza sono ancora un tabù.
Facciamo fatica a vedere la Sardegna come Stato che si confronta con le altre regioni in
termini di pari statualità, che si confronta con Bruxelles in termini pari statualità, che si
confronta con Roma in termini di pari statualità.
Non è un tabù e non deve esserlo.
Non c'è nulla di male a lavorare per una propria infrastrutture energetica, non c'è nulla di
male a lavorare per una propria infrastruttura dei trasporti che complessivamente Intesa ci
rende liberi e cittadini di pari dignità rispetto a quelle delle altre regioni europee, non c'è
nulla che ci impedisca di avere un'infrastruttura web al pari delle migliori esperienze
internazionali, non c'è nulla che ci impedisca di essere leader nella ricerca e sviluppo nei
campi che le migliori sensibilità vorranno indagare per esplodere la loro intelligenza.
E, badate bene, che in Sardegna c'è tanta intelligenza.

Non deve essere un tabù il fatto che le nostre terre devono essere coltivate con quello che
serve per avere un alimentazione sana, nostra e del nostro bestiame e dei nostri amici
domestici. Non c'è nulla che impedisca di avere le case finite e di avere un decoro urbano e
avere una cura del territorio.
Non siamo condannati ad avere non finito sardo per sempre.
Non c'è nulla che impedisca di curare i nostri boschi per evitare, come è successo qua a
Santu Lussurgiu, che dopo un incendio troviamo solo aliga.
Potrei andare avanti, vi assicuro. Ma per amor d’ascolto mi fermo.
Sono convinto che si possa costruire un programma di governo che parla di riforma delle
macchina amministrativa, che parla di un piano di trasporti fatto bene, che parla di un
piano energetico fatto bene, che parla di un piano industriale per l'Isola fatto bene, perché
ci sono tante energie imprenditoriali libero professionali e talenti e competenze tecniche
di livello assoluto che vogliono e vorrebbero restare in Sardegna e vorrebbero lavorare
insieme, ma deve essere costruito un ambiente che faciliti questo per consolidare
importanti centri di competenza che ci sono già in Sardegna, proprio per i mercati di
frontiera, proprio per i mercati che hanno sviluppo nei prossimi nei prossimi anni.
Non c’è nulla che impedisca alla scuola sarda di brillare di luce propria, non è per forza
condannata al declino come il resto dell’istruzione in Italia.
I territori, da soli, non vanno da nessuna parte, così come la Sardegna rispetto alle altre
regioni europee da sola non va da nessuna parte.
Né in Europa, né nel Mediterraneo, né del mondo.
Così i territori tra di loro, tutte le denominazioni interne ed esterne, di campagna, di
collina, nessuno può essere lasciato indietro e vanno fatti programmi specifici perché non
si parli più di zone della Sardegna in ritardo di sviluppo né di zone a fallimento di mercato.
Perché le cose più importanti per la tutela delle persone sono quelle che rendono ciascun
territorio libero di essere vissuto, ciascun territorio, dotato di quello che gli serve per
essere liberamente scelto da chi, sardo per nascita o per scelta, voglia vivere la nostra
bellissima isola.
Bun futuro a Tutt*!
Insieme ce la possiamo fare.
Un sorriso, Nicola

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