Quando penso alla Sardegna del 2050, a chi la vivrà da protagonista, a chi ci dovrà abitare, studiare, lavorare, fare impresa, decidere e gestire, non posso che pensare ai bambini, ai ragazzi, alle giovani generazioni che hanno il sole in fronte e il vento alle spalle.
Se guardo la Sardegna del 2023, però, mi sembra che il sole ci sia, ma che il vento sia contro.
Quanto noi adulti facciamo per i nostri giovani, quanto li consideriamo nelle decisioni da assumere, come li stiamo educando, che isola gli stiamo lasciando in eredità?
Ecco, credo che possiamo, anzi dobbiamo, fare molto di più. Del resto la speranza non deve mancare, così come la volontà, ce lo ricorda anche il buon Henry Ford “Quando tutto sembra andare male, ricorda che gli aerei decollano contro vento, non con il vento a favore”.
Un’amministrazione della cosa pubblica, che deve certamente anche guardare alle emergenze giornaliere, al breve periodo, a trovare soluzioni immediate per problemi quotidiani, non può però prescindere da una visione del futuro. Ma non ci può essere un futuro radioso se non si programmano e attuano politiche giovanili impattanti, che nel medio e lungo termine generino risultati positivi nella società e nell’economia sarda, ma soprattutto nel benessere dei suoi abitanti.
Domenica 5 novembre scorso si è tenuto a Macomer un incontro con centinaia di ragazzi delle consulte giovanili sarde. Non ho partecipato direttamente ma l’eco degli esiti è arrivato ed è come quello che si può sentire quando un bambino urla in una valle incastonata tra le montagne: chiaro, risonante, forte. I giovani sardi vogliono partecipare, hanno idee, studiano, si muovono, osservano, hanno proposte da fare. Chiedono confronto con i decisori, vogliono essere coinvolti nelle scelte, vogliono essere loro decisori su temi che li riguardano nell’immediato e non solo.
Chiedono a gran voce che le politiche giovanili abbiamo dignità istituzionale, entrino con prepotenza nell’agenda dell’amministrazione regionale e, personalmente, concordo. Pienamente.
Alcune regioni ci pensano già, quantomeno provano a dotarsi di strumenti dedicati, hanno capito. Il benchmarking, lo studio dei casi di successo, delle cosiddette buone pratiche credo sia necessario, o meglio, intelligente.
In Toscana, ad esempio, sfruttando in modo concreto i fondi Europei, i giovani hanno a disposizione, in un unico contenitore (https://www.regione.toscana.it/giovanisi), tutta una serie di informazioni, consigli, regole, bandi, opportunità utili a rendersi autonomi, personalmente e socialmente.
Autonomia (quella che noi sardi abbiamo insita nel nome della nostra Regione e che vediamo citata e rivendicata ai più alti livelli) dal greco αὐτός – stesso e νόμος – legge, significa, nel suo senso più generale, il potere di dar legge a sé stesso, di governare sé stesso.
Libertà, indipendenza, autostima, fiducia in sé stessi. Autonomia significa “saper far da sé e non dover dipendere dagli altri”, ma essere davvero autonomi è qualcosa che va oltre la capacità di compiere semplici azioni da soli: significa soprattutto avere il completo controllo della propria vita, essere in grado di prendere decisioni e assumersi responsabilità, godendo al massimo delle proprie scelte.
Credo si possa andare anche oltre l’esempio degli amici toscani, istituendo in Sardegna un apposito UFFICIO regionale dotato di strumenti d’azione e comunicazione, con contenuti accessibili e fruibili dalle diverse fasce d’età.
Un luogo, fisico e digitale, dove i giovani sardi possano avere informazioni costantemente aggiornate sulle opportunità educative (e per educazione penso anche quella alimentare, sessuale, ambientale, stradale, civica, finanziaria, sulla salute e sul benessere psico-fisico, che auspico siano finalmente messi in agenda, ai primi posti), sull’alta formazione internazionale e sulla formazione professionale, sul servizio civile e sulla mobilità Europea (tirocini e/o brevi esperienze lavorative all’estero, super formanti per la vita), suggerimenti sul come fare impresa e incontrare l’offerta di lavoro. E ancora, uno spazio dove trovare i bandi a sostegno delle politiche abitative e familiari (che devono necessariamente essere programmate e rafforzate), nel quale individuare facilmente le news sugli eventi culturali e sportivi (e anche promuoverle), dove poter accedere tempestivamente a TUTTE le opportunità a sostegno della propria autonomia personale e sociale.
E quindi, perché no, a sostegno della felicità. Ragazze e ragazzi più autonomi, ragazze e ragazzi più felici, ragazze e ragazzi più pronti a costruire una società sarda migliore, più bella.
È solo un esempio, una possibile (e fattibile) proposta. Per farla, per farla bene e in breve tempo, serve uno sforzo di visione, serve che la macchina regionale si coordini, che le informazioni circolino, siano messe a sistema. Serve co-progettare un percorso insieme ai destinatari (vedi associazioni-consulte giovanili), a chi vive quegli anni, quelle età, quelle aspettative, quelle speranze, quella voglia di vivere la propria vita, decidendo per sé, governando sé stessi. Serve proporre e accogliere proposte, discutere, progettare, mettere in pratica, e, poi, valutare per poter riprogrammare, meglio.
Serve farlo il prima possibile, appena si avrà l’occasione per farlo, perché il futuro è oggi (se non già ieri).
Riprendo, faccio mio e chiudo, quanto affermato a Macomer dai rappresentanti delle consulte giovanili troppo spesso sentiamo dire che siamo il futuro, ma il futuro si costruisce nel presente, si costruisce adesso, non domani.
Costruiamolo. Insieme.
Buon tutto,
Daniele Cocco