Giocare è una cosa seria.
Mettersi in gioco significa, appunto, impegnarsi in qualcosa.
Quando i bimbi piccoli giocano, sperimentano la vita attraverso la finzione.
Vestono i panni dell’altro.
Invertono i ruoli provando a diventare altro da sé.
Sperimentano l’empatia.
Il gioco aiuta a diventare grandi.
Permette di capire come funziona la vita.
Consente di assumere un punto di vista esterno a se stessi, lievemente.
Insegna a riconoscere le parti nella commedia della vita, individuando i personaggi principali, i co-protagonisti, gli antagonisti e le comparse.
Aiuta a comprendere qual’è il proprio posto nel mondo, come ci si relaziona nella complessità, quali regole condivise governano i rapporti interpersonali nella propria cerchia di riferimento, allargandone via via i confini
Il gioco segue un rituale, ne fissa le regole, stabilisce le sanzioni per chi non le rispetta (con te non gioco più!), le modifica nel tempo e secondo il contesto, adattandole alle esigenze emergenti.
Giocare è una parte importante del processo di apprendimento.
Lo sanno bene gli insegnanti degli asili nido e delle scuole d’infanzia, che lo utilizzano consapevolmente come strategia educativa.
E fin qui tutto bene: i bambini trovano a scuola un mondo coerente con quello che vivono in famiglia e nella vita al di fuori delle istituzioni.
6 anni.
Ingresso alla scuola primaria.
Prima cerimonia di iniziazione nel percorso di crescita verso l’adultità.
Il primo ciclo di istruzione.
La scuola dell’obbligo.
Anche solo leggerlo fa rabbrividire: percorso obbligatorio di istruzione.
Dovere, vincolo necessità.
Da compiere secondo riti, con regole e sanzioni.
Da espletare con serietà, severità, gravità.
Non siamo mica all’asilo, qui!
E sul palco della vita fa la sua apparizione la prima dicotomia: ciò che è serio non è divertente.
La scuola è seria, quindi non è divertente.
Imparare è un dovere, quindi non si scherza.
Conoscere è un obbligo, quindi non si gioca.
Attenti-fermi-zitti-concentrati i nostri bimbi.
Non si perde tempo in sciocchezze.
Non si perde tempo in giochi.
A scuola si diventa grandi.
I grandi non giocano.
I bambini saranno adulti quando smetteranno di giocare.
Adulti seri.
Adulti tristi, insomma.E la traduzione implicita che ricavano dalle premesse del sillogismo scolastico è: scuola e sorrisi sono antinomici.
Conoscenza e divertimento sono azioni incompatibili.
Apprendimento e piacere non si accompagnano.
Studio e svago abitano due mondi diversi.
W le vacanze, abbasso la squola!
E ancora mi ribello…
Perché provare curiosità verso il nuovo, l’ignoto, il diverso è incantevole.
Perché avvertire piacere nella scoperta, nell’esplorazione della realtà, nella dissonanza è bello.
Perché subìre il fascino dell’imprevisto è seducente, affascinante, coinvolgente.
E imparare diventa un’avventura giocosa.
Un gioco serio.
Da affrontare con leggerezza, non superficialità.
Al quale co-partecipare, grandi e piccini.
Nel quale cimentarsi per conoscere i limiti, i punti di forza, i talenti e le attitudini di ciascuno.
Per crescere insieme, costruire insieme.
Come nella vita.
Perché la scuola è vita.
Per tutti.
#nonunodimeno
Alessandra Patti