Nuova puntata della rubrica #Smileschool della nostra Alessandra Patti. Oggi si parla di tutto ciò che compone un intero, la scuola come come unità di connessioni, persone e parti.
Hólos, dal greco: tutto, intero.
Riferito all’essere umano indica l’insieme indivisibile di corpo, emozioni, pensieri e sentimenti.
In contrapposizione ad una visione meccanicistica, della separazione tra le parti.
Mette in evidenza interrelazioni e interdipendenze funzionali tra gli elementi che costituiscono una unità.
Secondo l’approccio sistemico il tutto è più della somma delle parti di cui è composto, ogni elemento è inscindibilmente connesso a tutti gli altri.
Modificando uno solo di essi l’intera struttura cambia, diventando un’altra.
Metodo necessario per gestire sistemi complessi.
La persona è un sistema complesso.
Il bambino/ragazzo è una persona.
Separando le emozioni dal corpo, il corpo dai pensieri e i pensieri dai sentimenti, si genera un’ idea di individuo quantomeno limitata.
Che induce ad agire sulla mente senza tenere in considerazione i turbamenti, l’eccitazione, le impressioni, le intuizioni.
Che persuade a concentrarsi sui processi cognitivi tralasciando lo sviluppo affettivo.
Che insiste sulle attività conoscitive e resiste all’educazione emotiva e relazionale.
La scuola è un sistema complesso.
Nel suo insieme si contano tante professionalità che interagiscono, si sovrappongono, si incontrano, si scontrano.
Il docente è una di queste.
La più importante.
Introduce saperi nelle menti dei nostri bambini.
Dipana un gomitolo di cognizioni algide, ordinate e rigorose, riversandole nelle loro testoline.
Dalle quali ha preventivamente espugnato le sensazioni, le fantasie, i sogni, le ansie, la motivazione.
Il sapere pretende un ambiente asettico per attecchire.
L’apprendimento è severo, la conoscenza intransigente.
E i nostri ragazzi si trovano così tre volte scissi.
La prima volta perché non li si riconosce come persone “intere”.
Perché si chiede loro di tenere fuori dalla recinzione scolastica la spontaneità, il dubbio, gli interrogativi, i salti e le capriole.
La seconda volta perché quella recinzione ricorda come la stessa scuola sia al confino rispetto al mondo.
Dualità nella dualità.
Ciò che distrae è fuori, ciò che è importante è dentro.
Ciò che attrae è fuori, ciò che obbliga è dentro.
Ciò che accade è fuori, ciò che è accaduto è dentro.
La terza volta perché dividiamo in scomparti ciò che nella vita è intero.
La matematica non è raccontata.
La lingua italiana non ha formule.
La fisica si.
L’arte no.
Cresciamo persone alla quali insegniamo a non legittimare l’integrità del mondo.
Alleviamo persone che istruiamo ad esser scisse.
Bello e brutto.
Dovere e piacere.
Apprendimento e divertimento.
Gioia e noia.
E ancora mi struggo.
A vederli costretti a ingurgitare nozioni senza connessioni con la concretezza che vivono.
A osservarli patire la giornata scolastica.
Attendere il suono della campana, il Natale, l’estate, per tornare alla vita.
Trattenere impulsi, ingoiare domande, frenare danze.
E mi struggo di più nel leggere la soddisfazione del docente orgoglioso della sua classe disciplinata, silenziosa, immobile.
Fiero dei voti non-troppo-alti, delle note alle famiglie, delle punizioni come sistema educativo esemplare.
Ho avuto un preside che mi fece staccare dalle pareti i lavori fatti con gli studenti; sporcavano l’aula.
Ho avuto un insegnante che umiliava i suoi studenti mettendoli in ridicolo davanti agli altri.
Mi sforzo di non cedere alla tentazione dell’indolenza.
Vorrei che tutti i nostri studenti avessero il diritto di portare in aula il mal di pancia, le mosche, il gioco che diverte, le corse al parco.
Senza per questo perdere punti nella classifica degli studenti migliori.
Vorrei che i nostri ragazzi potessero innamorarsi della scuola senza pericoli. Vorrei che potessero farlo a scuola.
Vorrei che potessero invaghirsi della storia dell’umanità.
Vorrei che fossero rapiti dalla chimica che è nascosta dentro ogni respiro, colora il cielo, miscela lo zucchero nel the.
Vorrei che bramassero di scoprirlo.
Tutti.
#nonunodimeno
Alessandra Patti